5 “amici” e 5 “nemici” dell'educazione ambientale
Nel futuro scolastico si presenta all'orizzonte una maggiore attenzione all'educazione ambientale.
Educazione, non solo comunicazione, informazione o studio. L'etimologia della parola è nota ai docenti: il dizionario di Devoto e Oli indica la derivazione da educĕre, “trar fuori, allevare".
Non si tratta quindi solo di illustrare ai ragazzi l'attuale situazione del pianeta. Si tratta di portare gli alunni a maturare una personale consapevolezza delle connessioni tra il sé e la collettività e il pianeta. Si tratta anche di incoraggiare la loro creatività e il loro spirito critico, due aspetti personali su cui fondare inediti stili di vita orientati alla sostenibilità, da sviluppare e condividere.
Sulla carta sembra interessante e facile, ma quali sono gli strumenti che da una parte possono aiutare noi docenti a rendere gli studenti dei futuri cittadini responsabili e dall'altra non scoraggino l'intera classe di fronte alle problematiche ambientali che la nostra società sta attraversando?
Ecco cinque dicotomie su cui riflettere, cinque bivi su cui fermarsi prima di intraprendere un sentiero con la nostra classe.
1) Qui invece che lì
Gli oceani sono invasi dalla plastica. Notizia vera, attuale, inconfutabile. Ma quanto può persistere nella mente di una persona media, bambini compresi? Il vecchio adagio occhio non vede, cuore non duole, vale per qualsiasi problematica di cui non abbiamo le prove tangibili di fronte ai nostri occhi. E l'oceano non può essere sotto i nostri occhi, così come non possono esserlo i gas serra o i ghiacci della Groenlandia che si sciolgono.
Meglio partire dal “qui”. La nostra città, il nostro paese. Una dimensione familiare e sotto il nostro naso tutti i giorni. Più l’esempio è locale, più rimarrà impresso, probabilmente. Ma vale anche in senso opposto: le azioni che compiamo qui hanno ricadute su tutto il mondo. Da dove è partita la plastica che ora si trova negli oceani? Forse proprio dal cestino della nostra classe.
2) Voglio invece che devo
È importante esporre i bambini agli ambienti naturali fin dall’infanzia: uscite naturalistiche, attività in giardino, laboratori con animali e piante. Ma queste esperienze non devono fermarsi con la tenera età, anche gli adolescenti hanno bisogno di creare dentro di sé un legame con la natura, una motivazione a proteggere ciò che hanno amato. Come dimostrano alcune ricerche, le conoscenze ecologiche e ambientali contribuiscono alla formazione di futuri cittadini critici, responsabili e con atteggiamenti proambientali. Non si tratta quindi di generare sensi di colpa sulle azioni sbagliate, ma facilitare un senso di amore e responsabilità verso la natura.
3) ? invece di !
Il nostro stile di vita non è sostenibile, lo attestano le diverse scienze e studi internazionali. Ma come si può cambiare lo stile di vita di milioni di persone in poco tempo? Cercando di far desiderare loro il cambiamento. Questo fenomeno sta già avvenendo fortunatamente, ma bisogna continuare a incentivare la comprensione dei processi naturali ed evitare le imposizioni. Evitare quindi di dettare elenchi di consigli, ma costruire insieme alla classe un’unità didattica su quella risorsa e poi stilare l’elenco con loro. Coinvolgere, non dettare.
4) Speranza invece di sconforto
I nostri alunni vivono in un'epoca in cui per fortuna si parla molto delle problematiche ambientali. Tuttavia, questa continua comunicazione di "c'è qualcosa che non va nel mondo", può diventare talmente persistente da diventare un rumore di fondo, che generi apatia e indolenza. Ci saranno ripercussioni nelle vite di ogni singolo abitante del pianeta, ma non tutto è perduto. Bisogna combattere per un futuro migliore, perché questo è possibile ed esiste, ma bisogna creare un elettorato che voglia votare per questo futuro, anche a scapito del proprio benessere immediato. Questo è un processo che può avvenire anche a scuola.
5) Ora invece che poi
Il tempo cura tutte le ferite. Non in questo caso, il tempo è un prezioso alleato, che ci incita ad agire subito e ad agire oggi stesso. I problemi, infatti, non si risolveranno né “da soli”, né con il “ci penserà qualcun altro”. Sta a noi rimboccarci le maniche, parlare, creare interesse sulle tematiche ambientali, orientare il mercato. E il momento per farlo è proprio questo, non tanto perché domani potrebbe essere troppo tardi, quanto più perché prima si comincia, minori saranno le ripercussioni per l’intero pianeta.
Educare, dunque.
Le nuove generazioni sono portatrici di interessi per l’intero pianeta. Sarà bello impegnarci come educatori e insegnanti nel “tirare fuori” questa loro vocazione.
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Articolo di Graziano Ciocca - G.Eco e Caterina Lorenzi - Università degli Studi di Roma "Tor Vergata"
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