Alunni con disabilità e covid: difficoltà ed esempi virtuosi
Suona la sveglia e i ragazzi si preparano per andare a scuola, tutto è pronto: lo zaino, i libri e la voglia di crescere, eppure non ci si muove che di qualche passo, tutto si svolge a casa, nella propria camera o in cucina, pronti ad una nuova lezione di DAD.
Una realtà difficile, che è entrata a far parte della quotidianità di milioni di famiglie che hanno modificato le loro abitudini quotidiane per agevolare i propri figli, dando continuità alla scuola. Una routine complessa per tutti ma soprattutto per gli alunni che presentano specifiche disabilità, difficili da gestire anche in condizioni di normalità. Tanto è vero che per venire incontro alle loro necessità sono intervenuti sia il Governo che il Ministero della Pubblica Istruzione, che il 17 marzo del 2020 hanno pubblicato una nota programmatica a difesa dell’infanzia e delle categorie più deboli, un invito all’inclusione scolastica per abbattere i muri delle differenze sociali e dell’isolamento.
Visitando il sito dedicato alle politiche a favore della disabilità, infatti, si legge che “Come indicazione di massima, si ritiene di dover suggerire ai docenti di sostegno di mantenere l’interazione a distanza con l’alunno e tra l’alunno e gli altri docenti curricolari o, ove non sia possibile, con la famiglia dell’alunno stesso, mettendo a punto materiale personalizzato da far fruire con modalità specifiche di didattica a distanza concordate con la famiglia medesima, nonché di monitorare, attraverso feedback periodici, lo stato di realizzazione del PEI.” Ipotizzando, in un altro comunicato, anche l’erogazione di prestazioni domiciliari individuali, per semplificare la partecipazione delle attività didattiche e dare continuità ai programmi scolastici già avviati.
Si tratta ovviamente di norme programmatiche che necessitano di specifici strumenti per essere realizzate, strumenti che in questo lungo anno costellato di difficoltà e incertezze spesso sono venuti a mancare. Per questo la DAD per gli alunni con disabilità è diventata un’attività complessa da porre in essere, il cui successo è stato solo merito di docenti e familiari che hanno dedicato tutte le energie per ottenere buoni risultati. Parliamo di importanti obiettivi da raggiungere che si combinano ad esempi virtuosi del nostro Paese ottenuti nonostante le difficoltà riscontrate attraverso modalità svariate come video-lezioni, videoconferenze, chat di gruppo, visione di film, ascolto di musica e il caricamento di materiale personalizzato sulle piattaforme ufficiali.
Disabilità diverse richiedono soluzioni differenziate
Il primo problema riscontrato dai docenti che si occupano degli alunni con disabilità è l’utilizzo di metodologie differenziate in base alla tipologia di disabilità. Nel caso di alunni con deficit visivo, ad esempio, i problemi della DAD emergono con grande evidenza mostrandone tutti i limiti connessi.
In questi casi è stato di vitale importanza l’aiuto delle famiglie che hanno dovuto fare da ponte tra la scuola e lo studente. In alcune scuole, ad esempio, gli insegnanti hanno rilevato uno sforzo da parte dei ragazzi a voler rimanere al passo con il resto della classe; un atteggiamento che ha consentito loro di imparare ad utilizzare gli strumenti informatici superando enormi limiti. In questo contesto, gli operatori hanno svolto il ruolo di guide e sostegno per semplificare il compito degli alunni, soprattutto quando non vi era una familiarità pregressa con il pc.
Questa esigenza ha dato luogo ad una rimodulazione della didattica applicabile al caso specifico, mediante colloqui con l’equipe di educatori, insegnanti, genitori e assistenti alla comunicazione che hanno elaborato un tipo di didattica di approfondimento fondata su compiti di realtà che riportavano al raggiungimento di obiettivi squisitamente scolastici. Secondo l’esperienza di un insegnante italiana, ad un bambino di prima elementare è stata assegnato il compito di interrare i semini di un limone, in questo modo il piccolo è riuscito a raggiungere obiettivi multidisciplinari che toccavano materie come:
- storia: attraverso l’analisi della cronologia degli eventi
- scienze: mediante lo studio del limone
- italiano: nel racconto dell’esperienza vissuta.
Tale attività, ovviamente, per avere successo deve variare in base all’età dello studente, al tipo di deficit e alla collaborazione della famiglia.
Un altro esempio che possiamo definire “virtuoso” riguarda un ragazzino che frequenta la scuola media affetto da un importante deficit visivo e cognitivo. Nel suo caso i docenti hanno preferito elaborare attività volte a sviluppare quelle abilità necessarie a renderlo autonomo e autosufficiente nell’immediato futuro, come ad esempio fare la spesa da solo. Per raggiungere tale obiettivo il suo insegnante, in collaborazione con l’educatrice, ha introdotto l’attività di osservazione dei prodotti e l’analisi dei prezzi di ciascun articolo, considerando costo unitario, eventuali sconti e offerte speciali. In tal modo vi è stato un collegamento diretto tra un’azione di routine e gli obiettivi di didattica da raggiungere: osservazione, svolgimento dei calcoli e gestione del problema per la matematica e racconto della propria esperienza per italiano.
Sempre nel caso di ragazzi ipovedenti, ci viene raccontato da alcuni docenti l’esperienza di un ragazzo della scuola secondaria con il quale è stato svolto un lavoro di sostegno psicologico per mantenere vivi i suoi interessi. In questa situazione, è stata elaborata un’attività specifica di correzione di bozze di testi diretti a ipovedenti attraverso programmi di grafica e videoscrittura già inseriti nel suo percorso didattico. In questo modo il giovane studente si è sentito al centro di un lavoro dove il suo deficit era il punto di partenza dell’attività e presupposto per poterla svolgere.
Vi sono, poi, situazioni di particolare gravità che hanno richiesto lo svolgimento di piccole e brevi attività che dessero continuità al percorso formativo-educativo dell’alunno, mantenendo il rapporto con il suo docente. Nel caso di alunni con disabilità plurime sia dell’area linguistica che motoria, ad esempio, la didattica a distanza ha avuto ad oggetto lezioni di circa 30 minuti nelle quali vi era un momento di saluto con il bambino e l’organizzazione di attività ludiche sonore, come ad esempio il riconoscimento di oggetti di cui l’insegnante produceva il suono. Un modo per mantenere alta l’attenzione è l’abitudine al confronto con soggetti estranei all’ambito familiare. In molti casi l’insegnante dava inizio e fine alla lezione suonando un piccolo campanello, per inserire dei punti di riferimento di cui il piccolo poteva tenere conto. In altri casi è stato interessante vedere l’alunno appassionato a brevi storie videoregistrate da guardare o ascoltare sulla sedia posturale per le terapie di mantenimento. Quando ci si trova in contesti così difficili da gestire, è impossibile svolgere attività in presenza della classe perché è necessaria una didattica one to one, in un rapporto personale e diretto, per ottenere risultati soddisfacenti e non gravare sulla gestione familiare già mortificata da mille incombenze.
Didattica a distanza per alunni con disabilità: professionisti a confronto
Si comprende bene, in tale contesto, la difficoltà di docenti ed educatori che si sono trovati, improvvisamente, ad affrontare la didattica a distanza con alunni in una posizione di grande svantaggio. Per questo è stato necessario uno scambio continuo tra gli educatori, l’assistenza sanitaria e la scuola, che insieme hanno elaborato strategie specifiche messe a punto per la situazione specifica e per il tipo di disabilità. Solo mediante tale intreccio di competenze si è giunti a soluzioni stimolanti ed efficaci che in alcuni casi sono partite dalla didattica per giungere ad attività pratiche e in altre, invece, veniva posta l’attenzione solo sulla reazione dell’alunno, mettendo da parte gli obiettivi scolastici. Un lavoro costante che ha richiesto concentrazione, studio ed elaborazione di materiale didattico idoneo agli specifici bisogni, allontanandosi da meccanismi stereotipati e standardizzati, inefficaci e sterili in una situazione di emergenza sanitaria e strutturale come quella in cui si è trovata la scuola a causa del Coronavirus. In una situazione così complessa, è stata provvidenziale la collaborazione fattiva delle famiglie, sia per l’alunno con disabilità che per il docente, che in tal modo ha ottenuto aiuto concreto nel raggiungimento degli obiettivi prefissati.
Questo aspetto della questione fa riflettere anche su un altro importante argomento, che è quello dell’inclusione scolastica. Mentre infatti l’Italia è considerato uno dei Paesi con le leggi più avanzate d’Europa in materia di alunni con disabilità, è necessario comprendere che l’inclusione è possibile solo se c’è buona volontà da parte degli assistenti sanitari, capacità del corpo docente, competenze e disponibilità delle famiglie a comunicare con i diversi operatori, collaborando con gli stessi. Requisiti necessari nella didattica in presenza e ancora più importante nella DAD, dove le difficoltà sono moltiplicate. Possiamo ipotizzare, mettendo in atto tutte le azioni necessarie e facendo confluire le forze coinvolte, che in un futuro molto prossimo le barriere che limitano l'inclusione possano essere abbattute, dando vita ad una scuola aperta e libera come molti docenti la immaginano.