Tiflodidattica: che cos'è, a chi si rivolge e quali strumenti utilizza

06 ottobre 2022 4 minuti
DIDATTICA INNOVATIVA

Tiflodidattica: che cos'è, a chi si rivolge e quali strumenti utilizza

Come rendere lo studio agevole alle persone con disabilità visiva: la tiflodidattica risponde in modo egregio a tale esigenza. Grazie all'uso di strumenti ad hoc e a percorsi personalizzati mirati all'apprendimento, anche gli alunni ciechi e ipovedenti hanno l'opportunità di raggiungere i più alti livelli dell'istruzione, con risultati incoraggianti. Ovviamente, i progressi dipendono dal livello di organizzazione all'interno dell'istituto, dai rapporti tra insegnanti, famiglia e tiflologo e da quanto è collaborativo lo studente. Per chiarire ogni dubbio riguardo questo argomento così delicato, noi di Scuola.net abbiamo fatto, come sempre, il punto della situazione.

 

Che cos'è la tiflodidattica e a chi si rivolge?

Il termine fa riferimento a tutto ciò che, in ambito educativo, è finalizzato all'apprendimento dei soggetti non vedenti e ipo-vedenti. Possiamo considerarlo un ramo diretto della tiflologia, vale a dire lo studio delle problematiche legate alla cecità, in particolar modo quelle inerenti al mondo dell'istruzione e del lavoro. I professionisti specializzati nel settore operano soprattutto a contatto con le scuole dell'infanzia e quelle primarie. Tuttavia, nulla vieta agli insegnanti di richiedere consulenze anche per alunni degli istituti secondari, specialmente per gli allievi aventi altre disabilità oltre a quelle visive (ad esempio sordità, mutismo, turbe psichiche). Quanto ai destinatari della tiflodidattica, i servizi sono rivolti principalmente agli studenti ciechi e ipovedenti. Ad ogni modo, trarranno benefici dalle consulenze con l'esperto anche il capo d'istituto, i genitori dei bambini con problemi di visione e gli insegnanti, specialmente quelli di sostegno.

 

Le mansioni del tiflologo

Questa figura agevola l'identificazione delle esigenze dell'alunno con problemi visivi, da quelli più elementari ad altri più complessi. Ma i suoi compiti non si limitano ad assecondare i bisogni dello studente: il professionista individua potenzialità ed eventuali difficoltà nell'apprendimento, oltre a elaborare nuove strategie per superarle. Anche lo sviluppo di nuove abilità rientra nelle mansioni dell'esperto in tiflodidattica. Tra gli obiettivi, vale la pena ricordare il raggiungimento dell'autonomia, la capacità di relazionarsi con le altre persone e con il mondo esterno, indispensabili per orientare al meglio il percorso educativo del bambino.

 

Tiflologo e insegnante di sostegno sono la stessa cosa?

La risposta è no. Il docente di sostegno viene assunto dal direttore didattico, mentre l'esperto in tiflologia collabora con gli istituti in cui sono presenti bambini o ragazzi con deficit visivi. Anche l'iter di formazione può differire: nel primo caso, non sempre è indispensabile una laurea. Basta, infatti, un diploma d'istituto magistrale o d'indirizzo socio-psico-pedagogico conseguito entro l'anno scolastico 2002-2003. Il tiflologo, invece, è laureato in Pedagogia o in Scienze dell'Educazione e ha maturato esperienza con gli allievi affetti da cecità. Ad ogni modo, le due figure professionali devono collaborare strettamente, per raggiungere gli obiettivi prefissati in tempi ragionevolmente brevi.

 

Tatto, il punto di passaggio tra il bambino e il mondo

La difficoltà principale da superare in caso di deficit visivo è l'identificazione di oggetti e l'apprendimento di nuovi concetti. Non avendo a disposizione la vista, bambini e ragazzi ipovedenti devono utilizzare gli altri organi di senso; in tal modo, saranno in grado di esplorare il mondo e di stare a contatto con gli altri. In altre parole, ogni proposta didattica deve tenere conto dei limiti derivanti dalla cecità. Il percorso risulterà agevolato se il bambino acquisisce una certa padronanza nella percezione tattile, fin dal periodo della scuola dell'infanzia. Sarà la manipolazione, quindi, la chiave per collegare ogni parola a un oggetto e viceversa.

 

Percezione aptica, l'alternativa per identificare la realtà circostante

Con questa espressione s'intende il riconoscimento attraverso il tatto. Tuttavia, toccare un oggetto o una superficie non basta: per realizzare in pieno la percezione aptica, occorre sviluppare altre due abilità. La prima è la consapevolezza della propria posizione nello spazio, mentre la seconda riguarda il livello di contrazione della muscolatura coinvolta nei movimenti. Tutto ciò si traduce in uno sviluppo della propriocezione del corpo. Solo così il bambino può passare dalla percezione alla parola senza utilizzare rappresentazioni visive.

 

Tiflodidattica, ecco cosa facilita l'orientamento di un allievo non vedente

Come abbiamo avuto modo di approfondire poc'anzi, la costruzione delle immagini nel bambino affetto da cecità passa necessariamente da un'attenta (e, se necessario, ripetuta) manipolazione tattile degli oggetti, con il coinvolgimento degli altri sensi. Tanto per fare un esempio, all'alunno possiamo dare una palla. Per identificarla, egli non dovrà limitarsi a definirne contorni e dimensioni: presterà attenzione a quanto risulterà liscia o ruvida, al peso, al rumore a contatto con le mani e al momento del rimbalzo, all'odore, al calore e alla consistenza del materiale. Si tratta di informazioni rilevabili immediatamente da un soggetto vedente, ma assolutamente non scontate per chi è cieco. Tra l'altro, è quanto mai indispensabile sviluppare un buon senso dell'orientamento, tramite l'interiorizzazione di concetti come:

  • lateralità
  • nozioni topologiche elementari
  • metodo Braille.

Nel primo caso, è fondamentale saper cogliere la differenza tra destra e sinistra, mentre nel secondo comprendere che cosa s'intende per sopra, sotto, basso, alto, davanti, dietro, lontano e vicino. Quanto alla scrittura e alla lettura in Braille, è destinata a bambini che hanno imparato a riconoscere lettere, numeri, parole e intere frasi, quindi eventuali iscrizioni poste nei punti più importanti dell'aula.

 

L'importanza di uno spazio organizzato

Un ambiente di lavoro ordinato, ricco di stimoli, con tutto il materiale didattico al suo posto e con collocazione di quest'ultimo stabile nel tempo agevola il bambino con disabilità visiva. Eventuali variazioni, quindi, andranno comunicate per tempo, in modo da dare all'allievo il tempo di abituarsi. A tal fine, anche il posizionamento dell'aula è molto importante. La classe ideale si troverà preferibilmente al pian terreno e sarà raggiungibile in modo semplice e veloce, tramite un percorso lineare dall'ingresso dell'edificio. Accanto alla porta e alle finestre, voi docenti (in accordo con il capo d'istituto) porrete un contrassegno con etichetta Braille o simboli in rilievo facilmente identificabili dal bambino. Noi di Scuola.net vi suggeriamo di piazzarlo a un'altezza adeguata, preferibilmente dal lato della mano dominante. Anche la disposizione degli arredi, del banco e della cattedra fanno la differenza nel consolidamento delle capacità di orientamento dell'alunno con problemi visivi. I criteri da seguire saranno quelli di:

  • immutabilità della posizione
  • ottimizzazione degli spazi
  • accessibilità.

Un mobile a uso esclusivo del bambino e del suo insegnante di sostegno sarà particolarmente utile per riporre gli ausili tiflodidattici. In alternativa, potete concordare una parte dell'armadio di classe a uso esclusivo dello studente ipovedente.

 

Gli ausili per la tiflodidattica

Al fine di favorire i processi di apprendimento nei bambini e ragazzi ciechi, potete affiancare l'utilizzo di vari strumenti ai suggerimenti dati finora . Ecco i più importanti:

  • Dattilobraille, ossia una macchina da scrivere speciale dotata di 6 tasti
  • alfabetiere a schede forate e plastificate
  • testi narrativi a righe staccate, con immagini in rilievo • mini-libri con immagini e parole
  • tavoletta Braille per la scrittura manuale
  • piano in velcro, per i primi approcci con le rappresentazioni grafiche
  • piano in gomma, perfetto per i disegni in rilievo
  • cuscinetto con spilli e spago, ideale per distinguere il concetto di contorno da quello di area e potenziare le conoscenze geometriche
  • cubaritmo e dattiloritmica per i calcoli matematici.

Ai dispositivi appena elencati dobbiamo aggiungere gli ausili informatici, che hanno sostituito in parte l'optofono (vale a dire il convertitore di grafemi in fonemi). Grazie a essi, gli studenti possono finalmente consultare dizionari ed enciclopedie per ricerche accurate, il cui accesso era, fino a pochi anni fa, precluso agli alunni con disabilità visive.