Autismo a scuola: come affrontarlo al meglio
L’autismo è un disturbo del neurosviluppo che si manifesta con una sindrome di tipo comportamentale generata da un disordine determinato da fattori biologici che emergono nel primo triennio di vita. In quest’ordine, si noteranno problemi nell’interazione sociale, difficoltà a stabilire relazioni con gli altri, incapacità a comunicare sentimenti e idee. Si tratta, dunque, di un disturbo permanente che accompagna il giovane in tutto il suo ciclo di vita con caratteristiche, intensità e livelli di gravità che differiscono in base al tipo di autismo che ci si trova ad affrontare. Dal punto di vista medico, i Disturbi dello Spettro Autistico presentano due elementi in comune:
- deficit dell’interazione sociale e della comunicazione persistenti
- ripetizione di comportamenti e attività e interessi ristretti.
Questo significa che l’Autismo può presentarsi con uno spettro estremamente variabile che ricomprende sia soggetti con grave ritardo mentale che pazienti con quoziente intellettivo elevato. La diagnosi, pertanto, può avere ad oggetto la Sindrome di Asperger che descrive pazienti ad alto funzionamento o il Disturbo autistico, che descrive pazienti a basso funzionamento con disabilità intellettuale e verbale grave. Ad oggi le cause che danno vita a tale disturbo non sono state ancora scoperte, ma si riconoscono una serie di fattori scatenanti che vanno dalle alterazioni genetiche a quelle ambientali, ricomprendendo in questa categoria anche i fattori esperienziali, ambientali e psicologici che incidono sul sistema nervoso centrale. Tali alterazioni presentano enormi oscillazioni che variano in base alla persona e alle stimolazioni a cui viene sottoposto il paziente. Ad oggi, invece, non sono stati scoperti collegamenti con particolari etnie o aree geografiche ma piuttosto prevalenze di genere, dal momento che viene diagnosticato negli uomini in modo prevalente rispetto alle donne.
La presenza di alunni autistici a scuola
Secondo alcune ricerche e studi elaborati in Italia emerge un aumento lento ma progressivo di alunni con disturbo dello Spettro autistico nella scuola, con un’incidenza dell’1% della popolazione totale degli scolari. Queste informazioni sono state confermate dall’Osservatorio nazionale per il Monitoraggio dei Disturbi dello Spettro Autistico che conferma la complessità di tale patologia sia nella fase della diagnosi che in quella assistenziale. Non vanno trascurate altre implicazioni pratiche, come quelle che riguardano l’aspetto economico ed educativo che pesano in modo gravoso sull'organizzazione della scuola e sul bilancio familiare. In questo contesto, la scuola si trova a svolgere un ruolo particolarmente delicato soprattutto nei primi anni. Non è raro, infatti, che la segnalazione della presenza di disturbi provenga dalla maestra della scuola dell’infanzia o delle scuole elementari che nota i problemi relazionali dell'alunno nel lungo periodo, e li comunica alla dirigente e ai genitori. Spesso gli insegnanti si trovano in imbarazzo nel parlare di queste tematiche ai genitori che non accettano inizialmente la situazione e reagiscono mettendosi sulla difensiva, negando o rifiutando il problema. L’aiuto, in questi casi, è necessario non solo ai genitori ma anche ai docenti che vanno accompagnati, sostenuti e formati nel modo giusto anche da uno Psicologo Scolastico.
L'importanza di una diagnosi precoce: il ruolo dei docenti
L’esperienza insegna che i timori dell’insegnante di comunicare ai genitori questo tipo di situazioni e l’atteggiamento repulsivo degli stessi spesso ritarda la diagnosi e la conseguente presa in carico dei bambini da parte della scuola. Ricordiamo che l’Istituto Superiore della Sanità ha emanato delle Linee Guida nelle quali ha parlato espressamente dei bambini con Spettro Autistico, specificando la necessità di un intervento rapido che ottimizzi l’efficacia dell’aiuto da parte delle istituzioni. Rispetto alle scuole elementari, la diagnosi che arriva durante il ciclo delle medie e delle superiori pone problematiche del tutto differenti che riguardano non tanto il riconoscimento e l’accettazione della patologia ma le modalità di intervento e il percorso migliore da intraprendere per favorire l’inclusione, migliorare la qualità della vita e valorizzare le abilità del minore. In Italia i ragazzi con una diagnosi di autismo certificata da un medico specialistico o dall’ASL frequentano la scuola in modo regolare e vengono guidati da un’insegnante di sostegno. In alcuni casi l’aiuto viene potenziato da figure professionali come assistenti alla comunicazione, psicologi o educatori con competenze più specifiche. Ma, a ben guardare, questa rete di assistenza non è sufficiente per facilitare la vita di questi alunni e delle loro famiglie.
Il problema che si riscontra più frequentemente è la mancanza di formazione adeguata al riguardo, l'assenza di comunicazione tra docenti di sostegno e medici e la scarsità di risorse didattiche.
Il metodo ABA per aiutare gli alunni con Spettro Autistico
In Italia si sta sviluppando un metodo molto efficace soprattutto negli alunni che presentano il Disturbo Autistico e che risentono del basso funzionamento delle capacità relazionali. Si tratta dell’Applied Behavior Anaysis che esegue un’analisi applicata allo specifico comportamento del giovane per elaborare e impiegare una formazione individualizzata. Tale metodo si concentra sui comportamenti più significativi dell’alunno, aiutandolo ad approcciarsi nel modo giusto nella vita sociale: solo così potrà essere aiutato in modo concreto anche al termine del ciclo scolastico. I bambini che soffrono di autismo non sono in grado di imparare come gli altri dall’ambiente naturale e la Terapia ABA li aiuta con prove definite discrete, le cosiddette discrete trial, in cui vengono suddivise le componenti del programma didattico in modo semplificato e facilmente accessibile a tutti. I programmi che hanno ad oggetto i trattamenti comportamentali si avvalgono di rinforzi e sfruttano la motivazione del giovane a raggiungere alcuni obiettivi prefissati. Gli anni di ricerca e la sperimentazione di questo metodo hanno dimostrato i risultati di tali trattamenti nella riduzione di atteggiamenti impropri, nell’aumento dell’apprendimento e della comunicazione. Un fattore importante è anche la collaborazione tra il terapista che segue il giovane al centro e la famiglia, che deve collaborare in modo stretto con il docente di sostegno per creare una stretta sinergia tra queste tre figure: famiglia-medico terapista- docente di sostegno.
Le strategie da utilizzare a scuola e le difficoltà
Nonostante l’impiego di specifiche strategie, è indiscutibile che la scuola sia un ambiente molto particolare che porta con sé problemi talvolta non controllabili, imprevisti e intoppi che rompono la routine destabilizzando i ragazzi che soffrono di autismo. Se, infatti, i docenti devono seguire costantemente i suggerimenti dei professionisti, dall’altro devono essere in grado di adattarsi alle situazioni più disparate, anticipando le criticità che possono presentarsi. Non bisogna dimenticare che le strategie da utilizzare in classe devono essere specifiche ed essere finalizzate a: - aiutare il giovane a chiedere aiuto chiamandoli o toccandoli; - incoraggiare l’alunno a salutare appena entra nella classe e a condividere le sue cose con i compagni di classe; - promuovere in ogni situazione l’inclusione con giochi e attività varie da svolgere insieme agli altri. Un aspetto rilevante dello Spettro Autistico è il rischio che si verifichino scoppi di collera, crisi e urla improvvise senza riuscire a controllarsi. In questi casi i professionisti del settore consigliano ai docenti di non forzarli né bloccarli, ma di sviluppare loro stessi la sensibilità di anticipare tali crisi, imparando a controllare i problemi comportamentali.
Programmi individualizzati a misura di alunno
Questo significa che indipendentemente dal Piano Educativo Individuale che verrà elaborato per il singolo alunno, gli obiettivi comuni da perseguire sono lo sviluppo dell’autonomia, la comunicazione con i coetanei per favorire l’inserimento, il miglioramento delle sue capacità di adattamento e la riduzione dei comportamenti ripetitivi che resta uno dei problemi più oppressivi di questa patologia. Per realizzare un programma di questo tipo è necessario organizzare adeguatamente la giornata scolastica, come consigliato dal professore di Psichiatria e Scienze Comportamentali Stanley I. Greenspan, da anni al servizio della George Washington University Medical School, presidente dell’ICDL (International Council on Developmental and Language disorders) e fondatore dell’associazione Zero to Three, il quale propone di intervenire in modo psico – educativo sull'alunno per metterlo in relazione con gli altri creando una relazione basata sull’emotività più che sulla razionalità. Si tratta, ovviamente, di un programma che richiede sessioni di gioco, un lavoro adeguato alla sua condizione e la giusta interazione linguistica per raggiungere obiettivi fissati sulle specifiche abilità del singolo.