Adolescent Dating Violence: la violenza di genere non ha età
La violenza di genere non interessa soltanto le fasce più adulte della popolazione o le coppie sposate, ma affonda le proprie radici anche nel mondo degli adolescenti. Naturalmente una relazione sentimentale assume caratteristiche diverse a seconda della fascia d’età: perciò in letteratura si distingue tra IPV (Intimate Partner Violence, violenza di genere tra adulti) e ADV (Adolescent Dating Violence, violenza di genere fra adolescenti).
Ed è proprio sull’ADV che una recente indagine dell’OMS ha fornito un dato sconcertante: tra le adolescenti femmine che hanno avuto una relazione sentimentale, il 24% (circa 19 milioni) subirà violenza fisica e/o sessuale per parte del partner entro il compimento dei 20 anni; inoltre, nell’ultimo anno 1 ragazza su 6 è stata vittima di violenza. I dati raccolti in Italia nel 2024 da Save the Children non sono più incoraggianti: lo studio ha evidenziato che il 41% degli adolescenti è stato vittima di violenza, mentre il 30% ha agito violenza nei confronti dell’attuale o ex partner.
In particolare, tra le forme di violenza agita, adolescenti maschi e femmine riferiscono tra i comportamenti maggiormente messi in atto:
- chiamare con insistenza il/la partner per controllarne la posizione (29%);
- utilizzare un linguaggio violento (27%);
- manipolare emotivamente il/la partner perché faccia qualcosa contro la sua volontà (24%);
- incutere timore con atteggiamenti violenti (15%);
- chiedere insistentemente immagini o video di nudo/seminudo (20%);
- diffondere tale materiale sensibile senza il consenso esplicito (15%).
LA SURVEY TEEN 2024
I dati appena citati trovano purtroppo conferma in un recente studio a opera di Fondazione Libellula, impresa sociale che nasce con lo scopo di agire su un piano culturale per prevenire la violenza e la discriminazione di genere. Secondo la Survey Teen 2024, un sondaggio proposto online dalla Fondazione a quasi 1600 partecipanti tra i 14 e i 19 anni, gli e le adolescenti avrebbero particolari difficoltà con il concetto di consenso e di controllo.
In particolare, secondo il sondaggio non è considerata violenza:
- toccare una persona senza il suo consenso, per 1 adolescente su 5;
- baciare una persona senza il suo consenso, per quasi 1 adolescente su 5;
- raccontare ad amici e amiche dettagli intimi del o della partner senza il suo consenso, per più di 1 adolescente su 4.
Ovvero atti chiaramente invasivi e non rispettosi dell’integrità personale, e di cui il 20-25% degli intervistati e delle intervistate non vede la reale problematicità.
Lo studio evidenzia inoltre una tendenza degli e delle adolescenti a “romanticizzare” i comportamenti controllanti, considerandoli una manifestazione dell’amore e dell’interesse del/la partner nei propri confronti. In particolare, un terzo del campione non riconosce come violenza al o alla partner:
- dire quali vestiti può indossare e quali no;
- impedire di accettare nuove amicizie online senza averne parlato prima;
- chiedere di geolocalizzarsi quando si è fuori e voler sapere sempre con chi è.
La gelosia viene insomma considerata come segno imprescindibile dell’amore nei confronti del o della partner.
COSA POSSIAMO FARE?
Alla luce di questi risultati, diventa ancora più importante lavorare tempestivamente per prevenire e contrastare la violenza di genere sin dalla più tenera età, da un lato lottando contro gli stereotipi di genere che influenzano i ruoli sociali e dall’altro promuovendo competenze e abilità che possano consentire agli adolescenti e alle adolescenti a muoversi più consapevolmente nelle relazioni. Intervenire sin dalle prime fasce d’età attraverso l’educazione affettiva è fondamentale perché atteggiamenti potenzialmente violenti non cronicizzino e si concretizzino in azioni dannose per l’individuo e per tutta la società.
Ed è proprio questo che si propone di fare La voce del cambiamento, il concorso educativo legato al progetto di educazione all’affettività consapevole DomandeScomode@School: una sfida che dà modo a studenti e studentesse di ragionare attraverso delle “domande scomode” sui limiti degli stereotipi genere e sulla necessità di scardinarli per promuovere una società più paritaria e rispettosa di ogni orientamento e identità.
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