Non solo maestre
Educare, dal latino e (fuori)/ducere (condurre), significa tirare fuori. Indica quindi un’azione capace di fare emergere i talenti delle persone più giovani. Ma quali talenti? In questo campo, hanno grande influenza gli stereotipi di genere: limitandoci ai maschi, insegniamo loro, come fossero propensioni naturali per ogni bambino e ragazzino, a essere coraggiosi, forti, assertivi, competitivi; a partecipare ad attività che stimolano la motricità, il senso dell’esplorazione, lo spirito scientifico e l’abilità manuale; a prediligere le materie scientifiche; a orientarsi verso professioni ‘adeguate’ quali - spaziando nell’universo dei mestieri - l’ingegnere, lo scienziato, il geometra, l’astronauta, il manager.
Opportunità perse
L’idea è che i maschi siano naturalmente inclini a costruire, aggiustare, comandare, misurare, produrre, mentre non sarebbero portati per tutto ciò che riguarda la cura delle altre persone, l’empatia, l’ascolto, l’insegnamento. Il risultato è che, per esempio, gli studenti iscritti a Scienze dell’educazione sono solo il 5 per cento del totale e che l’81,5% dei docenti che insegnano nelle scuole italiane sono donne. O che, pensando a un altro lavoro considerato femminile perché legato alla cura, in Italia gli infermieri iscritti agli Ordini sono meno di un terzo del totale, quelli pediatrici poi scendono addirittura al due per cento.
Ci sono due fattori che influenzano questa situazione di disequilibrio. Il primo è legato al fatto che nessuno può diventare ciò che non ha mai visto. Se, da maschio, non vedo maestri, educatori o infermieri, penso che quei mestieri non siano per me. Il secondo è l’educazione secondo il genere, che influenza la personalità, i comportamenti e le scelte fin dalla nascita.
L’esempio della Svezia
In Svezia, primo Paese in Europa per parità di genere secondo l’indice sulla parità 2023 dello European Institute for Gender Equality, da vent’anni la maggior parte delle scuole dell’infanzia sono “gender-neutral”, cioè si impegnano a crescere i bambini indipendentemente dal loro genere.
Si tratta di una rivoluzione culturale che richiede tempo e impegno da parte delle istituzioni, ma il cambiamento può partire anche dalle nostre proposte in classe per liberare i maschi dall’obbligo di aderire a modelli di mascolinità che possono essere tossici e tarpare talenti. Come?
Proposte da fare in classe
Innanzitutto possiamo introdurre riflessioni sugli stereotipi di genere, per esempio guardando la registrazione del webinar di DomandeScomode@School dedicato al tema dal titolo “Ruoli e stereotipi di genere” e rivolto alle classi delle scuole secondarie di primo e secondo grado.
Possiamo favorire la collaborazione invece della competizione, incoraggiando i ragazzi a sviluppare competenze relazionali e di supporto reciproco, e introdurre attività di gruppo in cui valorizzare l'ascolto attivo e valutare il successo non solo con test e classifiche, ma anche con riscontri sulle abilità relazionali e collaborative.
È utile poi fornire esempi di uomini di successo in campi tradizionalmente non maschili sia invitando ospiti (educatori, artisti, infermieri) che promuovano un’immagine diversa della mascolinità sia presentando personaggi storici, letterari o contemporanei che hanno sfidato gli stereotipi di genere.
Possiamo infine incentivare la partecipazione dei ragazzi ad attività considerate "non maschili" come il teatro, l’arte, la cura della persona, l’economia domestica.
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